Ricorrono i duecento anni dall’arresto di Silvio Pellico (13 ottobre 1820). Per quello che Puškin definì con acuta sensibilità il «martire mansueto», iniziava una delle prove più dolorose e sconvolgenti che possano toccare in sorte a una vita umana. Dieci anni di prigionia nel carcere fortezza dello Spielberg dove fu inviato a scontare la condanna di cospirazione ai danni dell’impero austriaco. Attivo tra gli indipendentisti italiani, Pellico coltivava scambi politici e culturali con larga parte dell’intellighenzia e della nobiltà milanese. Nel capitolo 50 di Le mie prigioni, in cui si legge un toccante spaccato autobiografico, parla delle care amicizie che…
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